GUSTAV THOENI, UNA DELLE PIÙ BELLE PAGINE DELLO SCI MONDIALE

Campione amatissimo, con le sue vittorie e il suo stile è colui che ha reso davvero popolare l’Alto Adige come “paradiso dello sci”: lui, il Gustav di Trafoi, aveva imparato qui la sua arte e tra queste piste, per una sin troppo facile equazione, doveva celarsi il segreto per diventare così bravi. Classe 1951, asciutto, non altissimo, occhi azzurri e un viso che tende a un dolce sorriso, un po’ dovuto al suo essere timido, piuttosto taciturno e schivo. Stiamo parlando, ovvio, di Gustav Thoeni, quattro coppe del mondo di sci, l’ultima nel 1975, oltre a varie medaglie olimpiche e mondiali alle spalle, albergatore nel Parco dello Stelvio, istruttore di sci, responsabile tecnico della nazionale italiana. Thoeni riassume in sé i modi misurati e il rispetto che da sempre sono propri di chi in montagna ci vive tutto l’anno. I suoi silenzi, come quelli che contraddistinguono i paesaggi mozzafiato della terra in cui è nato, sono spesso stati più eloquenti di qualsiasi parola, di qualsivoglia orpello potesse essere aggiunto a una realtà che è superfluo commentare. Lo stile telegrafico continua ad essere il suo preferito e le domande dell’intervista che ci ha concesso in esclusiva finiscono per essere inevitabilmente più lunghe delle sue risposte: insomma, il solito, caro, vecchio Thoeni.

Come va con i nuovi sci da slalom speciale: le piacciono?
Non è questione di gusti; sono i test a dar ragione ai nuovi sci che risultano più veloci, non solo in slalom ma anche in gigante e in discesa, discipline in cui si stanno anche progressivamente accorciando le misure.

Una volta, dopo una gara andata male, disse che i suoi sci erano buoni per il camino. Fanno ancora tanta differenza i materiali o il livello si è alzato un po’ per tutti?
Oggi la media è alta. Chiaro, però, che ad ogni rinnovamento tecnologico, magari solo per un anno, una ditta può prendere un certo vantaggio sulle altre. Dipende poi un po’ dalle piste e dal tempo: secondo me, in un paio di fare di Coppa del Mondo, bisogna ancora essere bravi a indovinare materiali e scioline.
A Kitzbuhnel, Lei arrivò secondo in libera, non la sua disciplina preferita, a un centesimo da “Koening” Franz Klammer, qualche anno dopo la sua stessa pista farà un giro completo di 360° su se stesso continuando senza sosta la gara, cosa che Le farà poi dire di aver visto la morte in faccia. Quella libera è stregata per noi?
No, l’abbiamo anche vinta: non è poi vero che io abbia visto la morte in faccia, anche se debbo dire che presi un bello spavento in quell’occasione. Lei andava dritto sul palo con gli sci piuttosto uniti, finché arrivò un certo Stenmark da Tarnaby, Svezia, che teneva gli sci più allargati e faceva più strada, girando intorno alle porte ma ottenendo così di mantenere una maggior velocità: quali altri cambi epocali sono intervenuti dopo in questo sport? Direi quasi esclusivamente tecnologici, non di vera e propria tecnica di sciata. Già ai miei tempi di parlava di centralità e si tentava di praticarla. L’unica differenza nel gesto consiste nel fatto che non c’è più la derapata.

Qual è la sua pista preferita in Alto Adige?
Il primo amore non si scorda mai e, tra tante belle piste, io preferisco ancora le mia, quassù a Trafoi, dove ho imparato a sciare. Non sono così tante o così lunghe ma per me sono le migliori. Si metta nei panni di un turista: preferirebbe andare a sciare in treno o in macchina? Certo il treno è molto più comodo, al di là dei suoi pregi in termini ambientali, ma qui in Sudtirolo purtroppo non abbiamo più i treni che ci portano nelle località sciistiche e, dunque, non ci rimane che l’auto. Lo sviluppo sostenibile è perlopiù considerato un ostacolo da chi opera nel settore turistico: Lei che agisce in questo campo all’interno di un’area protetta ha problemi con l’Ente Parco? Ci sono certo degli svantaggi, soprattutto quando si tratta di ristrutturare o costruire immobili, nonché in termini di espansione degli impianti e delle piste da sci. Puntando però noi più che altro sulla stagione invernale, onestamente, non si può dire che il Parco Nazionale dello Stelvio ci dia eccessivi problemi, essendo la natura praticamente a riposo e con la neve che impedisce gran parte dei movimenti, le passeggiate e le incursioni dei turisti.

Ma come venderebbe, allora, una vacanza a Trafoi?
Puntando sui paesaggi, i panorami che si sono conservati intatti fino a oggi, sulla possibilità di sciare d’inverno e fare trekking d’estate in scenari unici…

E lei invece, dove va in vacanza?
Stando in montagna tutto l’anno, noi andiamo al mare. Sempre in Italia.